martedì 9 febbraio 2010

10 FEBBRAIO: GIORNATA DEL RICORDO DEGLI ITALIANI MARTIRI DELLE FOIBE E DELL'ESODO DALLE TERRE GIULIANO-DALMATE

Le foibe sono cavità carsiche di origine naturale con un ingresso a strapiombo. È in quelle voragini dell’Istria che fra il 1943 e il 1947 sono gettati, vivi e morti, quasi diecimila italiani.
La prima ondata di violenza esplode subito dopo la firma dell’armistizio dell’8 settembre 1943: in Istria e in Dalmazia i partigiani slavi si vendicano contro i fascisti e gli italiani non comunisti. Torturano, massacrano, affamano e poi gettano nelle foibe circa un migliaio di persone. Li considerano “nemici del popolo”. Ma la violenza aumenta nella primavera del 1945, quando la Jugoslavia occupa Trieste, Gorizia e l’Istria. Le truppe del Maresciallo Tito si scatenano contro gli italiani. A cadere dentro le foibe ci sono fascisti, cattolici, liberaldemocratici, socialisti, uomini di chiesa, donne, anziani e bambini. Lo racconta Graziano Udovisi, l’unica vittima del terrore titino che riuscì ad uscire da una foiba. È una carneficina che testimonia l’odio politico-ideologico e la pulizia etnica contro gli italiani voluta da Tito per eliminare dalla futura Jugoslavia i non comunisti. La persecuzione prosegue fino alla primavera del 1947, fino a quando, cioè, viene fissato il confine fra l’Italia e la Jugoslavia. Ma il dramma degli istriani e dei dalmati non finisce.
Nel febbraio del 1947 l’Italia ratifica il trattato di pace che pone fine alla Seconda guerra mondiale: l’Istria e la Dalmazia vengono cedute alla Jugoslavia. 350.000 persone si trasformano in esuli. Scappano dal terrore, non hanno nulla, sono bocche da sfamare che non trovano in Italia una grande accoglienza. La sinistra italiana li ignora: non suscita solidarietà chi sta fuggendo dalla Jugoslavia, da un paese comunista alleato dell’URSS, in cui si è realizzato il sogno del socialismo reale. La vicinanza ideologica con Tito è, del resto, la ragione per cui il PCI non affronta il dramma, appena concluso, degli infoibati. Ma non è solo il PCI a lasciar cadere l’argomento nel disinteresse.
Per quasi cinquant’anni il silenzio della storiografia e della classe politica avvolge la vicenda degli italiani uccisi nelle foibe istriane. È una ferita ancora aperta perché è stata ignorata per molto tempo.
Attraverso la Legge 30 marzo 2004 n. 92 è stato istituito, il 10 febbraio, il «Giorno del ricordo» in memoria delle vittime delle foibe, dell’esodo giuliano-dalmata e delle vicende del confine orientale. Art. 1: La Repubblica riconosce il 10 febbraio quale «Giorno del ricordo» al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale. Nella giornata sono previste iniziative per diffondere la conoscenza dei tragici eventi presso i giovani delle scuole di ogni ordine e grado. È altresì favorita, da parte di istituzioni ed enti, la realizzazione di studi, convegni, incontri e dibattiti in modo da conservare la memoria di quelle vicende. Tali iniziative sono, inoltre, volte a valorizzare il patrimonio culturale, storico, letterario e artistico degli italiani dell’Istria, di Fiume e delle coste dalmate, in particolare ponendo in rilievo il contributo degli stessi, negli anni trascorsi e negli anni presenti, allo sviluppo sociale e culturale del territorio della costa nord-orientale adriatica ed altresì a preservare le tradizioni delle comunità istriano-dalmate residenti nel territorio nazionale e all’estero. Il «Giorno del ricordo» è considerato solennità civile.

1 commento:

PAOLO TORELLI ha detto...

LA STORIA NELLA STORIA: NORMA COSSETTO. Apparteneva a una famiglia benestante. Nell'estate del 1943 era iscritta all'Università di Padova dove stava preparando una tesi di laurea intitolata Istria Rossa (riferita alla terra ricca di bauxite dell'Istria) e aveva come insegnante il professor Concetto Marchesi. Girava in bicicletta per i paesi dell'Istria visitando municipi e canoniche alla ricerca di archivi. Dopo l' 8 settembre 1943 Norma Cossetto fu vittima dei partigiani jugoslavi e italiani dell'Istria. Il 25 settembre 1943 partigiani comunisti italiani della resistenza italiana delle Brigate Garibaldi e croati della resistenza jugoslava irruppero in casa Cossetto razziando quel che poterono trovare e sparando per spaventare le persone. L'indomani quegli stessi partigiani catturarono Norma portandola nell'ex caserma dei Carabinieri di Visignano dove i capibanda, alternando minacce a promesse di libertà e mansioni direttive, le chiesero di accodarsi alla loro milizia.
Dopo aver ricevuto un netto rifiuto della donna, i titini e i comunisti italiani la rinchiusero nella ex caserma della Guardia di Finanza a Parenzo assieme ad altri abitanti italiani del luogo che avevano rifiutato di collaborare con le milizie titoiste. Dopo un paio di giorni, durante la notte con un autocarro furono tutti trasferiti nella scuola di Antignana trasformata in prigione dove incominciarono le sevizie e torture sessuali; la studentessa fu legata nuda a un tavolo e violentata da molti partigiani: secondo alcune testimonianze erano 17.
L'episodio della violenza carnale fu poi denunciato da una donna abitante davanti l'ex caserma, che, attirata da gemiti e lamenti, appena buio osò avvicinarsi alle imposte socchiuse vedendo Norma legata al tavolo. La donna fu gettata, forse ancora agonizzante, nella foiba di Villa Surani durante la notte tra il 4 e 5 ottobre.
Dopo l'occupazione tedesca dell'Istria, il 10 dicembre 1943 i vigili del fuoco di Pola guidati dal maresciallo Arnaldo Harzarich, ritrovarono il corpo di Norma nella foiba profonda m. 136: era caduta supina, nuda, con le braccia legate con il filo di ferro, su un cumulo di altri cadaveri; aveva ambedue i seni pugnalati, un pezzo di legno conficcato nella vagina e altre parti del corpo sfregiate. Emanuele Cossetto, che identificò la nipote Norma, riconobbe sul suo corpo varie ferite d'arma da taglio e altrettanto riscontrò sui cadaveri degli altri. I soldati tedeschi catturarono 6 dei suoi criminali torturatori e li costrinsero a passare la notte in piedi vegliando la salma di Norma, prima di essere fucilati all'alba del giorno successivo: 3 dei partigiani impazzirono. Il cadavere di Norma fu composto nella piccola cappella mortuaria del cimitero di Santa Domenica.
Norma riposa assieme al padre, anch'egli infoibato a pochi giorni di distanza dalla figlia, nel cimitero di S. Domenica di Visinada, un paesino vicino a Visignano.
L'Università di Padova, su proposta del rettore e del Consiglio della Facoltà di Lettere e Filosofia, le conferì la laurea ad honorem sei anni dopo la morte.
L'8 febbraio 2005 il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi ha insignito Norma Cossetto della Medaglia d'oro al merito civile con la seguente giustificazione: «Giovane studentessa istriana, catturata e imprigionata dai partigiani slavi, veniva lungamente seviziata e violentata dai suoi carcerieri e poi barbaramente gettata in una foiba. Luminosa testimonianza di coraggio e di amor patrio».